A proposito del "contratto di governo per il cambiamento"
In poco più di una settimana, la Lega e il Movimento 5 stelle hanno preteso di redigere un "contratto" per delineare la politica del nostro paese per i prossimi cinque anni di loro presunta permanenza al governo.
Io credo che un cittadino, seppure elettore dell'uno o dell'altro partito, debba chiedersi quali siano stati i precedenti rapporti tra i due gruppi politici. Intendo dire che cosa si saranno detti nel corso della precedente legislatura per aver fatto maturare una così forte volontà di sottoscrivere un "contratto" di una quarantina di pagine, in una settimana, con scadenza a cinque anni!
Poteva pensarsi che coloro che hanno avuto successo dopo le elezioni del 4 marzo, nel corso della loro attività politica - non nel periodo della campagna elettorale dove si dice e promette di tutto - avessero potuto mitigare le differenze nelle loro strategie documentate.
Purtroppo i partiti politici di strategie scritte non ne hanno perché la strategia forse è in mente al solo leader di partito molto più disponibile però all’agonismo che a fare politica. Quindi la mancanza di una strategia scritta può aver sollecitato sbrigativamente la sottoscrizione del “contratto”.
Come può essersi formata la volontà di venire a patti?
Certamente il monito del Presidente della Repubblica di formare un Governo quanto prima per adempiere alle incombenze imminenti ha avuto il suo peso. Credo però che l’idea di fondo sia quella di non mollare la presa, visto il successo conseguito, sebbene ne risulterà un atto scarsamente rilevante.
Rappresenta piuttosto il disordine che regna nel sistema partitico, pur con tutta la buona fede e volontà dei due partiti di superare l'abitudine della spartizione delle poltrone.
Tuttavia, il "contratto di governo per il cambiamento" è un atto ambiguo, antitetico al dettato costituzionale.
Vediamone i motivi.
Chi ha avuto successo all’apertura delle urne del 4 di marzo scorso?
Indubbiamente il M5S, la Lega, Fratelli d’Italia (FDI) e la compagine Lega-Forza Italia (FI)-FDI.
Quindi 4 soggetti politici di cui solo due hanno espresso la volontà di sottoscrivere un contratto sforzandosi di trovare i punti di accordo.
E gli altri due soggetti? siccome mancanti, credo facciano venire meno la forza necessaria all’accordo che si produrrà a firma di Lega (Salvini) e M5S (Di Maio) per una politica duratura di governo del paese.
Vi è di più.
L’art. 92 della nostra Carta costituzionale recita: “… Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.” cosicché è da attendersi la nomina del Presidente del Consiglio dopo la sottoscrizione del “contratto” di cui si parla. Ma la persona che sarà incaricata deve necessariamente assumere come politica generale da seguire ciò che è previsto in quell’accordo?
Come può pensarsi tanto!
Ancora, l’art. 95 (Cost.) precisa che : “Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. …” Allora chi potrà mai assumersi la responsabilità di patti sottoscritti da altri che sono peraltro solo una parte dei legittimati a dirigere il paese?
In ogni caso, il Presidente della Repubblica dovrà tenere in considerazione la forza dell’atto, le linee guida in esso tracciate e lo spirito politico dell’accordo perchè tutto ciò possa essere sufficiente alla nomina di una personalità di estrazione politica. Contrariamente, sarà probabile che la scelta cada all’esterno ad essa perché un Presidente del Consiglio possa dirigere la politica generale con piena responsabilità anche operando al di sopra dell’accordo pena le sue dimissioni, caduta del Consiglio e rinvio alle urne.
In ogni caso i due negoziatori sono fuori gioco, soprattutto Di Maio il quale dei due, essendo la parte che ha conseguito maggiore successo sia in termini percentuali che di seggi al Parlamento avrebbe dovuto porre come presupposto per l'avvio del negoziato la sua nomina e non l'ha fatto.
Se la nomina a Presidente del Consiglio cadesse su uno di loro, la formazione dell'esecutivo estremamente debole, avverrebbe con l'avallo del Presidente della Repubblica.
Non credo che ciò possa accadere.