Ilaria Capua:
«Le stime sul coronavirus? Tutte sbagliate. Ecco che cosa ci aspetta»
«Le stime sul coronavirus? Tutte sbagliate. Ecco che cosa ci aspetta»
Che cosa ci aspetta? Ma l’estate aiuterà a ridurre il contagio? E in autunno ci sarà una seconda ondata? Quante volte lo sento chiedere, percepisco lo smarrimento e vorrei avere più certezze per voi. Ma io sapevo che una pandemia sarebbe prima o poi arrivata e che una pandemia ci avrebbe trattato come degli animali. Un morbo che falcia soprattutto i più deboli e ci sorprende ogni giorno quando ci ricorda che la nostra esistenza è ancorata sulla terra ed alle sue leggi naturali. Ci lascia sgomenti.
I tempi della scienza
Noi questo virus lo conosciamo da poco, in Italia da metà febbraio quindi sì e no da due mesi. Sono tante, tantissime le cose che non sappiamo e su cui molti si interrogano e purtroppo la scienza ha tempi lunghi, lunghissimi per arrivare alle sue certezze relative. Un mare di incertezza ci avvolge e ci disorienta. Non sappiamo neanche quanto l’infezione abbia circolato e si sia diffusa in Italia perché i campionamenti non sono rappresentativi e le procedure non armonizzate. Quindi ogni stima è soltanto una stima e come tale intrinsecamente sbagliata — bisogna solo capire di quanto.
Il ripopolamento
Ma c’è qualcosa che sappiamo. Sappiamo che il distanziamento fisico e le misure di igiene personale e pubblica aiutano ad appiattire la curva quindi a ridurre la velocità del contagio. Ma una curva più piatta non significa blocco della diffusione virale, significa riduzione della circolazione virale. Quindi è chiaro che il virus continuerà a circolare in maniera «visibile» — ovvero provocando i casi clinici fino a quando non si stabilirà l’immunità di gregge, naturale o da vaccinazione. Sappiamo che le persone anziane e con altre comorbidità sono più a rischio di sviluppare una forma grave e morire. Sappiamo anche che nella stragrande maggior parte dei bambini il passaggio virale è asintomatico e che si ammalano solo i bimbi con altre comorbidità. Non sappiamo ancora se le donne hanno realmente un rischio inferiore ai coetanei maschi di sviluppare una forma grave della malattia. Da alcuni dati sembrerebbe eclatante da altri meno, ma io mi azzardo a dire che le donne hanno probabilmente un rischio uguale o inferiore di morire o di sviluppare una malattia grave rispetto agli uomini. Quindi il ripopolamento basato almeno sulla parità di genere avrebbe senso. Sappiamo che ci sono diversi farmaci e protocolli terapeutici innovativi che ci permettono di affinare la cura, ma non credo proprio che si arriverà in tempi brevi a una commercializzazione nelle farmacie ma piuttosto verranno usati per i pazienti ricoverati.
La riflessione
Eppoi, la panacea, il vaccino che di certo non sarà disponibile almeno fino alla fine dell’anno. Non sappiamo né quanto ce ne sarà né se poi gli italiani lo utilizzeranno, visti i precedenti. Incertezza sull’incertezza.
Cosa ci aspetta?
Insomma,
cosa ci aspetta? Ci aspetta una riflessione personale, di famiglia e di
team di lavoro o di gruppo di svago. Ormai qui non è questione di
goccioline o mascherine. È questione di adattare quello che sappiamo
sulla prevenzione del Covid-19 alla nostra vita quotidiana per evitare
di finire in ospedale noi stessi e fare in modo che non ci finiscano i
nostri cari. Perché l’obiettivo prioritario del Paese deve essere quello
di far tornare gli ospedali a regimi gestibili, e di recuperare
l’arretrato. Non possiamo permetterci un’altra catastrofe con le bare
nelle palestre e i morti che non si riescono più a contare. Per forza di
cose dovremo ripensare ai nostri regimi organizzativi ed
intrattenitivi. Arriveranno grandi cambiamenti sul fronte lavoro che
dobbiamo essere pronti ad accogliere con una mentalità nuova, diversa.
Il vuoto delle strade e delle piazze che ci separa dalle nostre
abitudini del passato fiorirà di nuove sfide e opportunità che dovremo
cogliere nella assoluta certezza che saremo noi che dovremo adattarci al
coronavirus e non il contrario.
Ilaria Capua: «Aspettiamoci altre sorprese»
Come il morbillo. Anche quel virus arrivò dagli animali, ma questa volta Covid-19 ci ha messo poco a diventare pandemico
di Ilaria Capua 07 apr 2020
La storia si ripete, anche con i virus. Dalla Sars a Ebola, all’influenza suina. L’emergenza da Covid-19affonda
le radici in fenomeni biologici e protende i rami verso il suo impatto
sanitario, sociale ed economico. È un evento che ci scuoterà. In un
pianeta globalizzato, interconnesso ed interdipendente, è chiaro che i fenomeni epidemici possono sfuggire di mano.
Abbiamo già avuto delle avvisaglie, dalla Sars ad Ebola fino alla
pandemia influenzale del 2009 H1N1 «suina», quest’ultima forse la più
vicina a quello che stiamo osservando oggi. Il precedente più
interessante ed emblematico riguarda il virus del morbillo, che deriva
dal virus della peste bovina, il quale si è avvicinato all’uomo quando Homo sapiens ha addomesticato il bovino.
Ecco, io mi immagino circa 10 mila anni fa, a un certo punto compare,
come dal nulla, una malattia che inizia a colpire l’uomo con rialzo
della temperatura e manifestazioni cutanee. Questo
virus che fu il virus della peste bovina, divenuto poi morbillo, si è
spostato a piedi, passo dopo passo con gli uomini infetti di allora,
e circola nella popolazione umana da millenni. Il Covid-19 è stato
generato dal punto di vista biologico da un fenomeno rarissimo,
sostanzialmente non diverso da quello che vi ho raccontato, ma il nostro
coronavirus però è divenuto pandemico nel giro di qualche mese. Covid-19
è figlio del traffico aereo ma non solo: le megalopoli che invadono
territori e devastano ecosistemi creando situazioni di grande
disequilibrio nel rapporto uomo-animale.
La differenza con i virus del passato, conosciuti o sconosciuti (quelli che circolavano nell’era pre-microbiologica) è la velocità della diffusione e del contagio.
Bisogna però essere anche consapevoli che questo fenomeno biologico
eccezionale, immaginiamo uno sciame virale che attraversa la popolazione
della Terra, potrà essere caratterizzato da alcune sorprese che
bisognerà gestire e che non siamo in grado di prevedere. La
cosa che ci conforta è che praticamente tutte le specie animali
suscettibili a coronavirus respiratori sono colpite da forme lievi,
spesso delle vie aeree superiori. Lo studio comparato mi
suggerisce anche che alcuni ceppi virali potrebbero in futuro causare
forme enteriche nei neonati e nei giovani. Vedremo. Non mi
sorprenderebbe di certo se il virus fra qualche tempo si mostrasse in
grado di infettare animali domestici o selvatici, casi che andranno
gestiti. Stiamo assistendo a un fenomeno
epocale, la fuoriuscita di un virus pandemico dal suo habitat silvestre
e la sua diffusione globale che diventa un’onda inarrestabile,
invade le nostre vite, le nostre case e i nostri affetti. È questo il
Cigno nero che scuoterà violentemente il sistema? Lo vedremo. Quello che
è certo è che questo virus ci terrà compagnia almeno per qualche altro
mese.