Aiuti di Stato per il covid 19

Aiuti di Stato per il covid 19


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Non ci siamo fatti mancare nulla, ad abundantiam.

Terremoti (più di uno), ponti che crollano (più di uno), dissesti idrogeologici (più di uno), covid 19 (200 mila). E il Governo non c’entra assolutamente nulla! per giunta, i nostri politici una volta tanto, ne sono candidamente irresponsabili!

Un capro espiatorio ci sarà pure. Contro chi inveire? Contro nessuno forse non ci basta, ma ‘nessuno’ è implacabile, non si sposta di un passo e allora dobbiamo ripiegarci in noi stessi e rispolverare ciò che abbiamo edificato e come lo abbiamo edificato per risollevarci, riacquistare entusiasmo e proseguire perché quanto è accaduto è nella natura delle cose. Può darsi con un pizzico della nostra partecipazione, ma per ora non lo mettiamo in conto.

Ad un certo momento che nessuno ci sa precisare, appunto nemmeno il Governo o il leader più lungimirante, perdiamo la casa, perdiamo ogni bene materiale a cui eravamo legati dai ricordi, ossessionati dal terremoto superiamo il momento restando in attesa, questa volta sì, che il Governo ci aiuti. Arriva la casa prefabbricata nei tempi che sono propri di questi aiuti, in qualche modo riavviamo l’attività interrotta, certo che non tutto è più usuale, ci reinventiamo la quotidianità e poi, e poi e poi ....
Perdiamo un patrimonio materiale e di affetti.

Con il covid 19 arriva qualche cosa di più.
Lockdown, tutti rinchiusi a casa per un paio di mesi per combatterlo, attività produttive bloccate. Attendere che la pandemia esaurisca la sua contagiosità lasciando dietro di sé migliaia di corpi esanimi. Un evento che interessa tutto il paese nessuno escluso, non è circoscritto all’area sismica, il danno è la vita o la morte.

L’attività economica subisce un contraccolpo. Dobbiamo però chiarirci perché potremmo discutere di due aspetti totalmente differenti, se l’attività economica riguarda il nostro Paese o se interessa l’attività delle singole imprese del nostro Paese. La macroeconomia, quella che concerne nel suo complesso tutto il Paese, non patisce la concorrenza di nessun’altra macroeconomia. La nostra non è in concorrenza con quella della Francia o della Germania o di chiunque altro Stato. Le macroeconomie attraggono capitali, proteggono aree geografiche di mercato, custodiscono le economie dello loro imprese per la migliore allocazione delle risorse. La singola impresa ha tutt’altro interesse. Ha quello di produrre un bene o servizio in modo economico, di proporre beni e servizi per soddisfare i bisogni dei propri clienti, deve saper usare le risorse per conquistare e presidiare quote di mercato. Assume il rischio di perdere il suo patrimonio e dell’esclusione dal mercato.

Il centro decisionale di una macroeconomia ha finalità e modalità decisionali differenti da quelle dell’impresa singola ecco perché è bene chiarirsi di quale economia si vuole discutere anche perché la somma delle varie economie delle singole imprese, non corrisponde sic et simpliciter all’economia del paese. Questa è guidata da un Governo nazionale le cui relazioni con gli altri Governi è preferibile che siano stabili, i rapporti sono improntati su politiche di collaborazione, politiche commerciali, economiche, sociali fino a pensare alle integrazioni.
L’imprenditore o il consiglio di amministrazione appunta la sua attenzione alla strategia più adeguata per rimanere un player di mercato sempre più di successo. E allora quando il covid 19 arriva e impone lo stallo all’intera economia di un Paese come decidono il Governo e l’imprenditore? Suppongo che ognuno debba ancora esprimersi secondo il proprio ruolo. Il Governo ha l’obbligo di porre nelle migliori condizioni di operatività il tessuto delle singole imprese perché il liberismo di mercato possa continuare ad allocare economicamente ogni risorsa e non conosciamo altra forma più efficiente di produzione di ricchezza. Tutto ciò per una ripresa di un’attività il cui sviluppo ha decelerato per pura fatalità.

Ma l’errore che un Governo può commettere è quello di confondere la natura del danno sopportato dai cittadini. Si subisce un danno affettivo per la perdita di un congiunto, un danno patrimoniale per la perdita di un lavoro e un danno economico per un mancato guadagno. E’ triste e forse crudele tralasciare qualche considerazione sul danno affettivo per approfondire l’aspetto più materiale dei danni di cui si parlava poco sopra. Ma il danno affettivo non è un danno quantificabile, è un dolore personale che lascia un’impronta che il denaro non potrà mai sanare.
Un danno patrimoniale non è paragonabile ad un danno per mancato guadagno. Un danno patrimoniale rappresenta la perdita di uno strumento per vivere e un dipendente non ha altro da offrire che il proprio lavoro. E’ come perdere la casa e rimanere senza tetto nel corso di un terremoto. Se il covid 19 pone in condizione il dipendente di non poter più offrire il proprio lavoro, questi deve essere necessariamente risarcito e quando risarcito, se ne deve riconoscere la sua riparazione. Il danno economico per un mancato guadagno invece a che pro deve essere risarcito se si è in condizione di replicare il guadagno? Il covid 19 non ha intaccato l’azienda, cioè lo strumento che in avviamento prima della pandemia produceva guadagno e che dopo il lockdown può essere riavviato. Indubbiamente rimettere in moto un’azienda significa rimodulare decisioni già assunte, amministrative, di mercato, di risorse umane, di politiche di marketing ma tutto ciò è quello che si dice ‘fare impresa’. E’ pane quotidiano per un imprenditore assumere decisioni e saperle adattare alle situazioni mutevoli che il mercato sa sorprendentemente procurarti ogni giorno. Non è quindi da meravigliarsi per il post covid 19 perché non c’è un post a meno di non perdere l’entusiasmo di fare impresa. Il Governo, per un principio di solidarietà, non può disconoscere la priorità del danno patrimoniale su quello di mancato guadagno anche in considerazione che la riparazione del danno è espresso dalla solidarietà dei più.

La riparazione del danno per mancato guadagno è altra cosa.
Se è vero che il mancato guadagno corrisponde al rischio assunto dall’imprenditore per aver scelto di fare impresa piuttosto che qualche altra attività (il rischio corso per il covid 19 non è rischio di mercato) è altrettanto vero che l’impresa per il suo riavvio dopo il lockdown ha strettamente necessità che i flussi di cassa siano adeguati al ciclo produttivo. L’eventuale discrepanza a favore delle uscite causata da un evento non di mercato, non può essere colmata dalla Banca che in ogni caso deve prestarsi come intermediario tra azienda e Governo continuando a svolgere così il proprio compito. L’Istituto bancario pur se con la garanzia dello Stato, ha precisi limiti di intervento sulla concessione di liquidità sotto qualsiasi forma approntata, fino a lambire il concorso in bancarotta. Peraltro l’imprenditore non eviterebbe il reato del ricorso abusivo al credito qualora dovesse dichiarare il default. L’aiuto di Stato deve passare per altre vie. La conversione progressiva del debito in equity, la tutela nell’emissione dei titoli di debito per le società a responsabilità limitata, l’inibizione di azioni da parte dei creditori a iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore, incentivi fiscali di rilievo alla ricapitalizzazione della società. L’una non esclude l’altra, sono operazioni piuttosto semplici e gratificano l’azienda per la rapidità con cui possono eseguirsi tenendo conto delle peculiarità di ciascuna di esse. Non è forse l’occasione di supportare le aziende che hanno delle potenzialità da sviluppare e pur aiutando le altre assumersi il rischio che qualcuna possa dichiarare il default ma qualche altra possa anche decollare? Perché parlare di finanziamenti a fondo perduto? Saranno certamente fondi persi inutilmente senza alcun beneficio né per il debito né per la macroeconomia del Paese.