In scena il Covid 19
Io me lo sarei immaginato così.
Un proclama a reti televisive unificate trasfuso sull’intera prima pagina dei quotidiani del giorno dopo. Il Presidente del Consiglio con voce grave, responsabilmente annunciava a tutti noi italiani che era arrivato il momento di tenere un comportamento irreprensibile per arginare un’infezione allarmante che dalla Cina si sarebbe propagata da lì a poco, con impressionante rapidità.
Avrebbe contagiato tutta l’Italia, tutta l’Europa e ogni altra parte del mondo con immediato pregiudizio per il nostro sistema sanitario incapace di accogliere le decine e decine di contagiati, di prestare le cure necessarie prima di entrare sopiti in reparto di rianimazione, privilegiati se qualche letto fosse stato ancora disponibile.
Semplicemente sfigati se ci fossimo ritrovati nell’al di là.
Questa raccomandazione e l’esortazione di indossare mascherina e guanti, di lavarsi e disinfettarsi spesso le mani, di distanziarsi, di restare a casa e muoversi il meno possibile avrebbe limitato il diffondersi celere del virus, una sventura che nessuno mai avrebbe messo in conto.
Insomma, un annuncio drammatico per qualche cosa che stava capitando improvvisa, simile a un bombardamento assordante che la mia generazione non conosce ma che con il Covid 19 inizia a conoscerne di silenziosi.
Un bombardamento incapace di distruggere case, strade, ponti, opifici ma tanto subdolo da toglierci il respiro.
Il Governo avrebbe assunto senza esitazione, l’esclusivo compito di direzione, per sua competenza costituzionale, sostituendosi agli enti locali per dettare loro linee guida, principi di comportamento ma lasciando a loro nell’immediato, il compito e la responsabilità del da farsi più adeguato per i loro territori.
I presidi ospedalieri si misurano proprio in numero di ambulanze, medici, infermieri, letti, macchinari di rianimazione e quant’altro, allora il Capo dell’esecutivo, riuniti i ministri, i tecnici, e gli scienziati, avrebbe annunciato il programma più ambizioso mai elaborato per rinnovare il sistema sanitario su tutto il territorio nazionale e renderlo efficace ed efficiente per affrontare l’epidemia che stava tramutandosi in pandemia.
Ma anche l’economia del Paese doveva essere salvaguardata e allora il via ad una massiccia campagna di persuasione ad utilizzare il risparmio dei cittadini che andava moltiplicandosi, giacente in banca, mal remunerato e improduttivo, da far affluire subito alle aziende, agli esercizi commerciali defiscalizzando ogni remunerazione del debito che lo Stato avrebbe garantito per dare continuità e tono ai settori produttivi.
Mi sarei aspettato di vedere per ogni ospedale, ogni tenda da campo allestita dall’esercito, imposta obbligatoriamente, una grande scritta scorrevole che mostrasse il numero di posti letto e di rianimazione giornalmente disponibili per i malati di Covid 19. Un segnale di responsabilizzazione ai cittadini e ai medici di famiglia per intervenire al più presto con terapie di attacco e seguire a casa i propri pazienti.
I media diffondere notizie sull’operatività degli ospedali e le continue raccomandazioni di rispettare i protocolli di difesa sul posto di lavoro, nelle fabbriche, nei negozi, negli uffici. Notizie sul tessuto produttivo che non abbandonava i mercati e pur accusando un rallentamento della domanda, le imprese si sforzavano di cambiare il loro modello di attività allentando così le preoccupazioni per un’ondata di perdita di posti di lavoro. Così da tirar avanti in attesa di un vaccino efficace a debellare gli effetti nefasti causati dal virus ma ancora sconosciuti alla scienza.
E poi, attendere e attendere, senza precluderci di continuare a vivere, se non più oppressi dalla malattia, ma nemmeno dai debiti pubblici se irresponsabilmente fatti lievitare con lockdown e insensati ristori perché allora sarebbe stato veramente difficile sperare in un bel vivere.