Le aziende e i piccoli esercizi alla ripresa

Le aziende e i piccoli esercizi alla ripresa


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Le aziende manifatturiere riapriranno il 4 maggio dopo il lockdown imposto dal Governo a causa della pandemia del coronavirus. L’imprevisto è stato certo gravoso sotto tutti i punti di vista, inutile nasconderselo. Ci ha toccati da vicino, confinati a casa, interrotte le nostre relazioni affettive, per il nostro modo di lavorare non più in azienda ma a casa, per i nostri figli non più a scuola ma a casa. Diradandosi i contagi, sembra che con molta prudenza possano ricominciare tutte le attività. Si rimetterà in moto il meccanismo produttivo e commerciale in attesa di un vaccino o di terapie risolutive che ci faranno riconquistare la sicurezza di un tempo.
Certo è che anche l’economia ha sofferto del rallentamento causato dalla pandemia. Oggi il metro di misura è il denaro o meglio i flussi di denaro che ognuno di noi gestisce e quando tali flussi si inaridiscono all’improvviso, paralizzano l’intera economia di un Paese. I Governi infatti proprio per regolare l’andamento economico, adottano politiche monetarie. Lo scopo non è altro che quello di far affluire o drenare liquidità monetaria attraverso il circuito bancario tanto da non far lievitare i prezzi, raffreddare i consumi o incentivarli, stimolare alcune attività piuttosto che altre, promuovere l’introduzione di nuove tecnologie o scoraggiarne il loro uso. Tuttavia i valori che diamo ai beni e servizi di cui ci serviamo quotidianamente non si modificano. Le aziende manifatturiere che riprenderanno il loro lavoro, saranno dunque poste in condizione - si spera che non sia solo una falsa promessa - di procurarsi, nell’immediato, la necessaria liquidità per riavviare le produzioni, per ritornare a presidiare quote di mercato resesi disponibili in qualche caso ai competitors internazionali. Ciò che ragionevolmente possiamo attenderci, ma è una ovvietà, è che l'azienda ben capitalizzata e finanziariamente equilibrata, riuscirà a rimanere sul mercato, l'azienda indebitata e scarsamente dotata di capitali propri difficilmente potrà contrastare i suoi concorrenti. L'azienda più debole licenzierà, liquiderà le sue attività, altre non saranno nemmeno in condizione di farlo, dovranno così dichiarare il proprio default. L'economia tutto sommato si irrobustirà per la presenza sul mercato di aziende più strutturate e stabili che offriranno beni e servizi sicuramente di ottima qualità. Tuttavia, sono sorte innumerevoli polemiche sul fermo delle produzioni, sul riavvio e sulle promesse di garanzie statali. Molti imprenditori, soprattutto delle medie e piccole imprese lamentano difficoltà pensando di non farcela a riavviare l’attività. Ma è da chiedersi perchè un medio-piccolo imprenditore, inteso in senso lato naturalmente, ricomprendendovi anche il board, sorpreso in difficoltà possa mollare l'attività per un evento sebbene tanto imprevedibile come il coronavirus.
Occorre allora chiarire cosa si intende per difficoltà.
Uno squilibrio finanziario non può essere motivo per una cessazione dell'attività perchè in azienda un tale stato può ben modificarsi rivedendo i propri programmi, ricorrendo al credito bancario oggi più che mai abbondante e garantito e soprattutto ricapitalizzando la società. Difficoltà in ambito aziendale può certo significare perdita di quote di mercato, difficoltà nella vendita dei propri prodotti quindi difficoltà di approvvigionamento, di programmare la produzione, di riformulare i piani di marketing. Uno sforzo non indifferente che in ogni caso va fatto con lo spirito imprenditoriale che ha contraddistinto l'inizio dell'impresa e che può aiutare a riconvertirla. Non possiamo d'altra parte pensare al dissesto perchè questo non arriva dopo il coronavirus, poteva essere in itinere e allora in azienda dovevano essersi già manifestati segnali chiaramente interpretabili, tali da indurre in decisioni di smantellamento dell'attività.
Dopo la pandemia un imprenditore può solo essere combattuto tra ricapitalizzare la propria società e assumere il rischio che prospetta il prossimo futuro. Ma questa è una scelta squisitamente imprenditoriale, è riaffermare la voglia di fare impresa. E se tale voglia dovesse venir meno, forse fin dall’inizio della sua impresa non era propriamente un imprenditore. Non si può essere disponibili a credere che il settore produttivo sia popolato da operatori occasionali interessati a dilatare uno sviluppo economico rendendolo precario e svilirlo con la loro decisione di abbandono.
Così, come imprenditore occasionale non potrà mai vantare alcunché perchè la sua attività venga salvaguardata. Se dovessero prevalere il tornaconto, il rifiuto del rischio, la sfiducia nel mercato, come motivi di rinuncia, allora una richiesta non assurda ma onesta sarebbe quella di porsi da parte e chiedere di essere sostituito da un nuovo imprenditore o board che sia. Non si fa impresa presumendo un diritto naturale ad essere imprenditori. Il tessuto produttivo di un sistema economico non può essere retto da chi ha perduto l’entusiasmo. "Il successo è l'abilità di passare da un fallimento all'altro senza perdere l'entusiasmo" diceva Sir Winston Churchill.
Anche il piccolo imprenditore, il negoziante e l’artigiano, che gestisce il suo negozio e il suo laboratorio riprenderanno dopo aver tenuto giù la serranda per oltre due mesi e mezzo. Ma non dovranno temere il fallimento non essendo fallibili (parliamo per indebitamenti pari o inferiori a 500.000 Euro) ma potranno ricorre alle procedure di composizione delle crisi da indebitamento che onorevolmente consentono di definire ogni posizione debitoria. Risolti i contratti per gli ordinativi in corso con i propri fornitori per causa di forza maggiore, alla pronuncia del lockdown da parte del Governo, si ritroveranno con uno stock di magazzino che esiteranno a prezzo di costo, avranno dovuto rinunciare a una porzione di ricavi annuali e quindi di guadagno ma assistiti dall’accesso facilitato al credito con garanzia statale, da contributi sull’eventuale canone di affitto da corrispondere al locatore.
Si presenteranno sicuramente situazioni incresciose, molto personali che però non possono rientrare nel calderone della realtà di categorie che per quanto strette in precedenza siano state le maglie del fisco, possono ora riaffacciarsi anche loro con entusiasmo all’economia locale con una maggiore consapevolezza che anche un piccolo negozio deve sempre essere gestito al meglio per il rischio che assumono.